Nota al testo
Il Liber Pontificalis è un’importante memoria dei vescovi di Roma formata da una raccolta di biografie dei pontefici, presentate in serie cronologica a partire da San Pietro e compilate in varie epoche e da diversi autori.
La raccolta è stata oggetto di numerosi studi a partire dalla rigorosa ed ormai fondamentale edizione integrale del testo approntata da Louis Duchesne alla fine del XIX secolo (Le Liber Pontificalis. Texte, introduction et commentaire, Paris 1886-1892, 2 voll.).
Fin dal II sec. la Chiesa si interessò alla raccolta dei fatti salienti delle vite dei pontefici, specialmente per dimostrare, nella polemica contro gli eretici, la continuità della tradizione apostolica. Nei secoli successivi, alle poche notizie estratte dalle lapidi sepolcrali, dalle citazioni contenute negli atti dei martiri o dalle fonti letterarie, si aggiunsero veri e propri cataloghi episcopali, via via sempre più completi (cronografo del 354; cataloghi di S. Ottato e di S. Agostino; cronaca di S. Girolamo; cronografo del 447 e cronaca di Marcellino), nonchÈ la serie ufficiale dei ritratti dei pontefici che fin dal sec. V venivano dipinti sulla trabeazione della basilica di S. Paolo.
È probabile che ad un certo punto la gerarchia ecclesiastica abbia sentito l’esigenza di mettere insieme tutti questi elementi in un’unica opera, redatta da una sola mano e con una certa uniformità di criteri. Nonostante, quindi, alcuni studiosi abbiano attribuito una parte del Liber a papa Damaso e altri le vite dei papi da Damaso a Niccolò I ad Anastasio Bibliotecario, è ormai comunemente accettato che una prima redazione del Liber, che giungeva fino al pontificato di Felice IV, sia stata realizzata durante il pontificato di Bonifacio II (530-2), forse ad opera di un anonimo chierico romano. Questa ci è nota attraverso un compendio, il cosiddetto catalogo Feliciano, cui fece seguito un altro, chiamato Cononiano, che prosegue la narrazione delle vite dei pontefici fino a papa Conone (686-7). In seguito, dobbiamo ad alcuni anonimi impiegati di curia il raggruppamento delle successive biografie, di cui alcune furono redatte anche in vita del pontefice.
Dopo un lungo intervallo di tempo, tra il secolo X e gran parte del XI, in cui le biografie si ridussero ad aridi cataloghi, da Gregorio VII in poi la descrizione delle vite dei pontefici riprese vigore ad opera di diversi autori come Bruno di Segni (vita di Leone IX), Guiberto di Toul, (Leone IX), Paolo di Benried, (Gregorio VII) e gli autori anonimi degli Annales Romani, per le vite dei papi dal 1044 al 1072. A queste fecero seguito le biografie di Pasquale II, Gelasio II, Callisto II e Onorio II composte dal chierico romano Pandolfo, nipote del cardinale Ugo d’Alatri, vissuto ai tempi di Innocenzo II, e quelle da Stefano VI fino ad Adriano IV dall’inglese Bosone, cardinale di S. Pudenziana. Fra i tardi continuatori del Liber ricordiamo, inoltre, Martino Polono con le biografie del sec. XIII fino a Onorio IV, Dietrich di Niem, con quelle dei pontefici da Onorio IV a Urbano VI, e l’anonimo autore delle biografie da Bonifacio IX a Martino V (1431). Il resto della raccolta, fino a papa Pio II (1458-1464), fu completato dalla storiografia umanistica con a capo il Platina.
In generale, ogni biografia compresa nel Liber appare strutturata in tre blocchi ben definiti: il primo, relativo alla descrizione del periodo che va dalla formazione all’elezione del pontefice; il secondo, dedicato agli eventi storici che hanno contraddistinto il suo pontificato, e il terzo, incentrato sugli interventi costruttivi e manutentivi realizzati dal pontefice all’interno della città di Roma e nelle singole basiliche, chiese, titoli, diaconie, monasteri, oratori e ospedali. In quest’ultimo blocco non mancano, inoltre, accenni alla costruzione o riutilizzazione di singoli elementi architettonici o manufatti, quali quadriportici, battisteri, ninfei, cantari, bagni, vasche, nonché una minuziosa descrizione di tutti i doni e gli ornamenti offerti non solo dai pontefici, ma anche dagli imperatori e re stranieri alle singole chiese della città eterna o agli altari presenti all’interno delle stesse.
Guidati da un interesse strettamente topografico, volto ad illustrare la vita di ciascun monumento, Roberto Valentini e Giuseppe Zucchetti hanno curato negli anni ’40 del XX secolo un’edizione parziale del testo del Liber, pubblicata nel secondo volume del Codice Topografico della città di Roma (Roma, 1942, pp. 209-340), in cui hanno selezionato brani compresi in questo terzo blocco delle biografie, attingendo anche alle edizioni di Mommsen, Gesta pontificum Romanorum, vol. I (fino a Costantino † 715; il vol. secondo non è stato pubblicato) in Mon. Germ. Hist., Berolini, 1898, e del padre March (Liber Pontificalis prout exstat in codice manuscripto Dertusensi textum genuinum complectens, hactenus ex parte ineditum, Pandulphi scriptoris pontificii, Barcellona, 1925). I due curatori hanno tuttavia escluso volutamente tutto ciò che era superfluo rispetto al loro scopo, vale a dire sia i brani relativi alla descrizione dettagliata dei doni e degli ornamenti, sia, soprattutto, quelli relativi ai successivi interventi realizzati dai pontefici nei monumenti già menzionati in precedenza nel testo.
L’edizione digitale che presentiamo è, dunque, il risultato di un doppio lavoro: la collazione tra l’edizione del Duchesne e quella curata da Valentini e Zucchetti, realizzata con l’obiettivo di colmare le lacune presenti nel testo di quest’ultimi (trascrivendo, per quanto riguarda alcune biografie, anche il testo integrale del terzo blocco) e dalla continuazione e completamento della loro opera che si arrestava al pontificato di Onorio II (1124-30).
L’obiettivo è quindi offrire al lettore un nuovo e più completo testo del Liber, arricchito da informazioni di notevole interesse anche per l’ambito storico-artistico.
Struttura e criteri di edizione
Sebbene il Liber Pontificalis venga spesso presentato come un corpus unico, in verità abbiamo già visto come il suo testo sia una aggregazione di diverse fonti prodotte in tempi diversi.
Pertanto, in fase di preparazione di questa edizione digitale, si è deciso di mantenere la suddivisione del testo del Liber in sei sezioni relative ad altrettante macro-fonti, ovvero raggruppamenti di cronache, quaderni e manoscritti descriventi una serie temporale continua di biografie, già operata da Duchesne nella sua edizione.
Tralasciando il brevissimo frammento laurenziano e la ricostruzione della prima edizione del Liber tentata dallo studioso francese, che Valentini e Zucchetti giudicano non sicura perché basata su criteri troppo personali, la prima sezione di questa edizione digitale - la più corposa in quanto costituita dalle vite dei papi che vanno da San Pietro fino a Stefano V (885-891) - è basata sulla collazione tra i testi di quella che in Duchesne è indicata come la seconda edizione del Liber e dell’edizione realizzata dai due studiosi italiani.
Anche la seconda sezione è il risultato di una collazione: in questo caso tra la parte del testo di Duchesne contenente la continuazione del Liber realizzata dal monaco Pierre Guillaume, bibliotecario del monastero di Saint Gilles nel basso Rodano - comprendente le vite dei pontefici fino a Onorio II (1124-30)- ed i corrispondenti estratti presenti anch’essi nel testo curato da Valentini-Zucchetti.
Le altre quattro sezioni, che arrivano fino al pontificato di Pio II (1458-64), infine, sono composte da passi estratti dalle altre quattro macro-fonti presenti nel testo di Duchesne: gli Annales Romani, le biografie di Bosone e di Martino Polono e le due appendici.
Per la prima sezione, che mostra i più gravi problemi critici circa gli autori, le fonti e la data di composizione delle varie biografie, si rimanda all’introduzione al primo volume dell’opera del Duchesne, mentre per tutte le altre è presente nelle note allegate una breve descrizione della macro-fonte e dei materiali documentari che la compongono.
I criteri di selezione della documentazione riguardante il completamento dell’opera di Valentini e Zucchetti, dato il lungo periodo avignonense dei papi che sposta la parte più voluminosa della narrazione oltralpe, sono stati ampliati rispetto a quelli scelti dai due studiosi fino a comprendere tutti i passi che riguardano le vicende relative alla città di Roma, nonchÈ altri relativi alla descrizione del grande scisma d’Occidente, ricomposto con il concilio di Costanza nel 1417, in quanto ritenuti fondamentali per capire molte di quelle.
Si è deciso di distinguere la successione delle biografie dei pontefici con la numerazione romana presente nel testo del Duchesne, con l’unica eccezione di papa Pio che è stato mantenuto con il numero assegnato da Valentini e Zucchetti (XI), mentre in Duchesne appare come XII. Nelle parti riguardanti la continuazione dell’opera di Valentini e Zucchetti si è tralasciato di inserire nel testo digitale questa numerazione in quanto non sempre presente nelle fonti.
Le omissioni di frasi, periodi e porzioni di testo, che non avevano interesse per le finalità del progetto digitale, sono state segnalate con tre punti tra parentesi quadre.
I paragrafi originali dell’edizione Valentini-Zucchetti introdotti da una lineetta sono stati riorganizzati, quando possibile, in base alla descrizione degli interventi realizzati dal pontefice in un unico edificio, sia che fosse una chiesa, un monastero o altro.
L’interpunzione è stata rivista e, quando necessario, modificata rispetto alle due edizioni di riferimento.
Si è uniformato l’utilizzo della maiuscola per ‘Beatus’ e ‘Sanctus’ e i relativi femminili e plurali solo per i casi in cui indicano i monumenti. Si evidenzia, comunque, l’uso frequente del solo nome del santo per indicare la relativa chiesa: es: «sepultus est ad Beatum Petrum apostolum». Inoltre vi sono altri casi in cui la distinzione appare molto sottile, in quanto non si evince chiaramente se il dono o l’ornamento in questione sia offerto al santo o alla chiesa con il suo nome o ad un altare sotto la sua invocazione presente in una chiesa intitolata ad un altro santo; si veda ad esempio il seguente caso: «Obtulit Beato Vitali martyri vestem de fundato», presente nel testo senza alcun altro riferimento.
La lingua latina usata nel Liber appare affetta da numerosi ‘errori’, che interessano sia la grammatica che la sintassi; si tratta in realtà di forme che si devono presumere correntemente usate nel latino degli autori del Liber. In particolare, si evidenziano erronee concordanze dei casi, soprattutto nelle biografie più antiche ed in relazione ai complementi introdotti dalle preposizioni post, ante, iuxta e foris. Di questi casi si dà conto nelle note d’apparato, riportando anche le forme grammaticalmente corrette attestate in un singolo codice.
Le note sono state ridotte alla registrazione delle varianti significative del testo.
I numerali relativi alla misurazione dei vari elementi ornamentali si trascrivono facendo uso delle cifre romane senza farle precedere dal punto usato nell’edizione di Valentini-Zucchetti.
Gli spazi lasciati in bianco nei testimoni, relativi alle misurazioni, sono stati riempiti con tre asterischi.